Violenza sulle donne: quella economica è reato penale
La violenza economica identifica tutta quella serie di atti che tendono a rendere la donna dipendente dall’uomo, o comunque nella condizione di non poter gestire in autonomia dei soldi, o di gestirli secondo un input che viene dato dall’uomo. Si parla dunque di violenza economica quando il denaro o il patrimonio vengono usati per limitare la libertà e l’indipendenza della donna. (Articolo 612-bis del Codice penale) Dunque, non solo botte e percosse. Un’insidia ancora più pericolosa poiché più sottile da definire, da far emergere e più complessa da condannare. Relativamente basse le percentuali poiché quasi il 2% delle donne tra i 16 e i 70 anni in Italia dichiarano di averla subita, ma si tratta di un tipo di violenza capace di far sentire senza via di scampo la vittima. Le forme di controllo sulla donna che passano attraverso la gestione del denaro sono molteplici: sfruttamento dei guadagni della donna da parte del compagno disoccupato, impedimento di conoscere il reddito familiare, di avere una carta di credito o un bancomat, di usare il proprio denaro oppure costante controllo su quanto e come si spende. Il guaio è che forme di violenza economica spesso vengono scambiate per abitudini della tradizione, sono più difficili da denunciare e da dimostrare sul piano giuridico. Si pensi a comportamenti come la gestione delle finanze della famiglia da parte del marito che spesso tiene all’oscuro la moglie sui risparmi e gli investimenti. In questa direzione stanno lavorando le case delle donne maltrattate e i centri antiviolenza per accrescere la consapevolezza nelle donne e aiutarle a individuare le condizioni che impediscono loro di uscire da situazioni pericolose.
Il Governo ha inserito nella legge di bilancio 5 milioni annui nel triennio 2017-2019 che andranno ad incrementare il Fondo già stanziato. «Voltiamo pagina e diciamo basta ad una vera e propria strage che dall’inizio dell’anno ha già il triste record di 88 donne uccise, pari al 75,9% del totale, all’interno dell’ambito familiare – ha affermato in merito Dorina Bianchi, sottosegretario al Mibact – Vanno incentivati progetti e politiche di prevenzione ma è molto importante anche sostenere un cambio culturale e intervenire sulle giovani generazioni per fare crescere uomini e donne che abbiano un rapporto diverso e mai più violento». Inoltre, in commissione Bilancio alla Camera è stato approvato un emendamento che chiede che tra i criteri per l’indennizzo in favore dei figli di vittime di reati intenzionali violenti si guardi, in particolare, agli orfani di femminicidi e in ogni caso quando si sia in presenza di omicidio commesso dal coniuge o dal compagno della vittima. Sarebbe opportuna la presenza di psicologi negli studi dei medici di base, per prevenire e dare supporto alle troppe persone, soprattutto uomini, che annaspano nel mare in burrasca del proprio io.