I dati sensibili dei cittadini europei verranno trasferiti in Israele

“Facile e conveniente” – è così che l’Unione Europea ha definito la sua decisione di trasferire i dati sensibili dei cittadini europei in Israele. Come se niente fosse, come non ci fosse un genocidio, come se fosse un paese sicuro dal punto di vista della privacy. Come se sulla sorveglianza di massa non avesse costruito gli strumenti per le stragi a Gaza.

É insorto il mondo delle associazioni e delle Ong che difendono diritti umani e diritti digitali. Una lettera firmata dalla più autorevoli associazioni per i diritti umani e digitali – tra cui Amnesty International, AccessNow ed Edri – che assieme ad altre decine di gruppi hanno scritto una lettera aperta all’Europa, chiedendo di rivedere questo via libera per i motivi tecnici che sono gli stessi del 2011:

✔️ in Israele non c’è nessuna norma che obblighi la trasparenza nell’uso dei dati;

✔️ non esiste possibilità per un cittadino di un altro paese di ricorrere contro l’uso distorto dei suoi dati;

Ma oltre a tutto ciò, c’è quel che è avvenuto e sta avvenendo a Gaza dove ora si sa che le stragi dell’esercito israeliano sono state compiute e spesso guidate dall’intelligenza artificiale, istruita rubando i dati sensibili dei palestinesi. Vi è un immenso database all’origine delle stragi controllando, sorvegliando qualsiasi cosa, dai telefonini, alle tv, alle mail. Eppure l’Unione Europea ha dato il via libera al governo sionista di Tel Aviv di usare i dati sensibili dei cittadini europei, ignorando le denunce e le stesse leggi europee. 

Amnesty International, Statewatch, Access Now e diverse altre organizzazioni scrivono preoccupate alla Commissione Europea: “L’Unione europea ha scelto di consentire il trasferimento illimitato di dati a Israele. Le normative del paese relative all’ottenimento, al trattamento e al successivo trasferimento dei dati personali non sono però in linea con gli standard delineati nel Regolamento generale sulla protezione dei dati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE”.

Ricordiamo infatti che le forze di sicurezza israeliane hanno un accesso illimitato ai dati biometrici nazionali: un database che contiene impronte digitali e dati facciali di circa 7 milioni di persone. Inoltre arrivano da Israele tutti gli strumenti di sorveglianza e spyware responsabili del tracciamento di giornalisti e politici. Dice Marwa Fatafta, che per AccessNow segue da anni le vicende in Medio Oriente: «I trasferimenti indiscriminati di dati personali da e verso i territori occupati sono stati determinanti per la costruzione dell’apparato di sorveglianza di massa, decisivi per la costruzione di database biometrici dei palestinesi e il loro utilizzo per liste di uccisioni generate dall’intelligenza artificiale a Gaza. Israele non può in alcun modo essere considerato un paradiso per la protezione dei dati». 

Nel frattempo però, i cittadini europei potrebbero già essere profilati, controllati e spiati dal governo di Tel Aviv.

l'ECONOMICO

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